Serve dirlo? Anche stavolta, contributo artistico della Maxi! Mi ricorda un po' lo stile Burberry, non trovate? |
Estate, classico tempo di valigie, di vacanze, di viaggi
(noi la scorsa settimana abbiamo avuto un’estate di 13 gradi e pioggia
torrenziale, ma è un dettaglio!). Cosa c’è di meglio, allora, che combinare la
maggior quantità di tempo a disposizione, con l’opportunità di entrare a
contatto con una lingua, proprio nel paese in cui si parla? Esatto, miei
perspicaci amici, oggi voglio parlarvi dei viaggi studio, anzi, voglio
condividere con voi una riflessione sui viaggio studio, a partire dalle mie
esperienze personali, per tirare fuori pro e contro di un’esperienza che tanto
più sarà utile quanto più sarà strutturata.
Tra un sorso di menta ghiacciata e una croccante fettina di noce di
cocco, addentriamoci nel discorso, sognando il fascino delle valigie da
chiudere e di un aereo da prendere.
Personalmente, ho fatto esperienza di due tipi di viaggi
studio: gli scambi culturali scolastici, tra le scuole medie e le scuole
superiori, e il classico viaggio prenotato tramite agenzia apposita. Tutti quanti
sono stati per me momenti di enorme apprendimento, non soltanto dal punto di
vista strettamente linguistico, ma anche e soprattutto da quello delle “culture
comparate”, se così vogliamo definirlo. Una lingua è un po’ come un buon cibo,
ed assaggiarla lì dove nasce ha tutto un altro sapore; per questo ho voluto
fare delle riflessioni, esposte per voi in una piccola lista – che non dobbiamo
certo annoiarci! – perché, anche nel mare magnum dei viaggi studio, ci sono
aspetti utilissimi e altri che, beh, sono magari sopravvalutati, o addirittura evitabili.
So che molti genitori investono in queste attività, nella
speranza che i loro pargoli in 1/2/3 mesi “almeno imparino l’inglese (o lingua
a vostra scelta)!”. Ecco, mi spiace darvi una delusione, cari genitori, ma non
è proprio così. Soprattutto se fino al giorno prima di partire, il virgulto era
poco sopra il livello ”the cat is on the table”. Il viaggio studio, preso così
quasi fuori da un contesto, ha poche probabilità di funzionare per questi due
validissimi motivi:
1. Imparare una lingua è un’attività che richiede
un impegno, ed un’immersione, costanti. La pretesa per cui andare un paio di
mesi l’anno in un paese e frequentare 5 ore di scuola sia sufficiente per
imparare una lingua è, quanto meno, un po’ irrealistica. E’ vero, è innegabile,
le lingue si imparano meglio sul posto, ma pensateci bene: quanto di questo
posto viene effettivamente veicolato se si frequenta una scuola e si vive in un
college? Si crea una sorta di atmosfera “ovattata” che può avere anche ben poco
del paese in cui ci si trova.
2.
L’andamento è in genere più o meno questo: prima
settimana di studio matto e disperatissimo, entusiasmo alle stelle, sei carico
a pallettoni. Dopo il primo weekend passato a girare da solo, a parlare con i
muri o a saltare da un canale all’altro di una tv incomprensibile, ti ricordi
che hai lavorato/studiato tutto l’anno e che, oh, vorresti pure riposarti, e
chi te la fa fare tutta questa fatica per scambiare anche solo due parole? E’
così che si tira fuori uno strumento, o forse un’arma, che si mette in gioco solo
nei casi in cui la sopravvivenza è a rischio, uno strumento che ignoriamo, o
forse deridiamo, prima di sapere quanto ci servirà: il RADAR
RACCATTA-CONNAZIONALI. Da quel momento
in poi, preda di una sordità selettiva, ci lasceremo guidare dalle nostre
orecchie che capteranno solo suoni provenienti dalla lingua madre. Saremo
capaci di stanare altri italiani anche nel pieno di un concerto dei Prodigy, a
loro giureremo eterna devozione e amicizia – o almeno, finché il viaggio durerà
- ed ecco che l’immersione ne “la
cultura e la lingua del paese ospitante” è bella che finita.
Quindi, ci stai dicendo che i
viaggi studio sono inutili? Niente affatto. I viaggi studio sono una risorsa
preziosa non soltanto, come dicevo, per l’apprendimento della lingua, ma anche
per comprendere altre culture, confrontarsi, mettersi in discussione.
L’apertura mentale, c’è forse un regalo più grande che potremmo farci, o fare
ai nostri figli?
Quello che mi sento di
consigliare, quando si sceglie di affrontare questo tipo di attività, è
progettarla con cura e attenzione, per favorire al massimo l’immersione
culturale e ricavare il più possibile dall’esperienza. Stiamo parlando, in
linea di massima, di un piccolo “lusso” nell’ambito dello studio delle lingue
(non parlo tanto dell’aspetto economico, benché esso abbia la sua importanza,
quanto della possibilità di ritagliarsi un tempo e un luogo per l’apprendimento
delle lingue veramente ad hoc, cosa che non sempre è possibile), vale la pena
prendersi del tempo per fare le scelte più mirate.
·
Non dimenticate che il viaggio studio è un quid in più, in un percorso di
apprendimento che deve necessariamente durare anche tutto il resto dell’anno –
non che ci si debba esercitare come i Marines delle lingue, ma è chiaro che per
fruttare deve essere sostenuto da un lavoro continuo, costante anche se
piccolo. Ad esempio, se il nostro contesto familiare e sociale non fosse
bilingue, alle bambine (ok, soprattutto alla Maxi) non basterebbero certo le
visite dai nonni per imparare l’italiano; non avrebbero ragione di ciò né i
genitori italiani, né le radici italiane, né la bellezza della lingua, né altro
che la costanza con cui, in casa, si parla italiano. Come detto sopra, se
puntate solo su questa esperienza per imparare una lingua, investite i vostri soldi in una vacanza vera e propria.
·
Datevi degli obiettivi realistici (fortemente legato al punto sopra): se partite
da 0, tre mesi non saranno mai sufficienti per imparare una lingua. Avranno un
valore sicuramente più alto rispetto ad un corso di tre mesi fatto a casa
vostra, vi permetteranno di vedere la lingua calata nel suo contesto, di
legarla anche a esperienze reali, che è un modo fantastico di tenere a mente le
cose, ma… Una lingua è un mondo, è l’espressione di una cultura nel tempo e
nello spazio, è vita, anzi, sono milioni di vite che si intrecciano…
Realisticamente, come si può impararla in tre mesi (è stato scientificamente
provato che il processo di osmosi, per quanto riguarda l’apprendimento delle
lingue, non vale)?
·
Scegliete la possibilità di essere ospitati in famiglia piuttosto che un college o un
dormitorio, per avere la possibilità di mettere in pratica continuamente quello
che si apprende, per vivere la cultura. Quello che questa esperienza può dare
in termini di apprendimento, di adattamento, di apertura mentale, di umanità
non ha paragoni con altro. Io sono sempre andata come ospite: non tutte le
famiglie potevano corrispondere al mio “ideale” di famiglia, come è giusto che
sia, ma ogni esperienza mi ha lasciato moltissimo, quello che l’ambiente
impersonale di un college o un dormitorio non può darti.
·
Scegliete di partire da soli: perché è dura, non lo nego, ma partire con amici
significa, al 99%, non parlare mai la lingua al di fuori delle ore di studio.
Per quel prezzo, a questo punto, potete pagarci un corso di un anno comodamente
a casa vostra.
·
Scegliete di fare un viaggio di meno, piuttosto, e fatelo bene. Partite quando
vi sentite pronti, quando sentite che sarete in grado di assimilare al meglio,
e non perché lo fanno tutti. La motivazione è la prima vera molla che vi
permette di apprendere, sfruttatela come innesco per far partire il razzo al
momento opportuno.
· Scegliete, se è possibile, un’esperienza lavorativa anche stagionale, anche breve,all’estero;
in base all’età, alla possibilità, e se avete almeno una base di lingua. L’ambiente
di lavoro è estremamente performante anche se impegnativo, nessuno lì è pagato
per ripetervi le cose fino a che non le capite, e la capacità di sopravvivenza
linguistica verrà fuori molto prima, tumultuosa, magari inizialmente meno
ordinata ma senza dubbio atta al suo scopo, che è la comunicazione.
La vacanza studio è un'opportunità, una possibilità, una scelta in più: scegliete di renderla di
valore, e di dare un valore al vostro impegno.
Buon viaggio!