giovedì 24 agosto 2017

Kakkalakka

Oggi voglio condividere con voi un breve aneddoto. Un aneddoto che riguarda come ho conosciuto un amico, invero in maniera molto particolare, quando la Maxi (che potremmo definire, in questo caso specifico, “la contessa”), al primo anno di asilo in Germania, torna a casa dicendomi una cosa del genere: “Mama, du bist (tu sei) ein KAKKALAKKA!” La mia reazione, con perfetto aplomb inglese, è stata “e mo che è sta roba?!” La roba, o forse il robo, è questa:

Eccolo, il mio amico. Bellino, no?

Ora, pare che indagando presso la Maxi, il fascino di questa meravigliosa parola (che in realtà è Kakerlaken) risieda proprio in questa sua omofonia con Kaka – no, non il giocatore di calcio, è esattamente l’altra cosa che state pensando. Chiunque abbia a che fare con bambini in età da scuola materna, sa quanto fascino esercitino su di loro queste parole “sporche” e “proibite”. Uno scarafaggio cagone. Un caccascarafaggio. Sapete trovare qualcosa di meglio?


La cosa assurda però è un’altra: a me, nel sentire questa parola, viene in mente questa canzone:  

https://www.youtube.com/watch?v=kZzBd41NuZw


Apache Indian, chiedo venia ma niente, ormai questa è la nostra canzone dello scarafaggio cagone. Stacce. Boom Kakkalakka a tutti!

mercoledì 16 agosto 2017

Quale traduttore leggi?

In questi giorni agostani, cari amici, la vostra insalata di lingue ha subito una leggera battuta d’arresto, non tanto per il famoso caldo estivo tedesco (16 gradi quando andava bene, nei giorni scorsi), ma più che altro per la conoscenza approfondita della malattia dal simpatico nome Bocca-Mani-Piedi, che ha decimato la famiglia a partire dalla piccola Mini per finire a Marito. Maxi a parte, che se l’è cavata con un giorno di febbre, noialtri siamo diventati adorabili ghepardi, anche un filo arrabbiati, aggiungerei.

Ho comunque preso la palla al balzo della maggiore rilassatezza della stagione estiva (sempre altrove), pensando che una piccola pausa non ci sarebbe stata affatto male in una fila di giorni in cui ci si dedica di norma a svago, relax, hobby e passioni. E proprio di passioni vengo a parlarvi oggi: uno dei miei maggiori interessi è, senza alcun dubbio, la lettura, ed è un’attività che ben si presta alle lunghe giornate estive, quando fa troppo caldo anche solo per muovere un piede e lì, su un’amaca sotto un paio di alberi frondosi, o su un divano in un salotto ombreggiato, o dove volete, con un libro in mano si sta proprio bene.
Voglio quindi offrirvi un paio di consigli di lettura, ma non la classica recensione, ovviamente: voglio consigliarvi un paio di libri, notevoli, non soltanto per le autrici che li hanno scritti, ma anche per le traduttrici che li hanno tradotti. Dubito che molte persone, nella scelta di un libro da leggere, si soffermino su chi ha tradotto il testo. Ciò ha un senso, in realtà : il traduttore non è un autore, nemmeno un co-autore, e non deve esserlo. La sua presenza deve sparire dietro l’autore, il suo lavoro è prestargli le parole migliori nella sua lingua madre, limitandosi a rendere al meglio la versione originale, un po’ come i doppiatori prestano la voce agli attori. Per dire, se un autore vi fa schifo non è colpa del traduttore, no no, è proprio l’autore che scrive da cani! Eppure questo lavoro artigiano, fatto di infinite limature, di notti insonni sulla migliore coniugazione da usare, di crisi di disperazione per capire quale tempo verbale usare (non tutte le lingue hanno gli stessi tempi verbali passati, ad esempio), e tutto per rendere giustizia ad un testo che permetta di essere letto senza dover dire “to’, arrangiati e leggitelo in originale se ti interessa!”, ecco, questo lavoro merita un po’ di riconoscimento.  Pur non traducendo letteratura, è una deformazione professionale, per me, andare a vedere chi ha tradotto un libro prima di acquistarlo. Il lavoro del traduttore, così minuzioso e certosino, è vittima di un’ingrata incomprensione: generalmente al traduttore si tirano le pietre solo quando secondo l’utenza fa un lavoraccio (ho letto ad esempio cose turche sui traduttori della saga di Twilight, poveracci, per altro presi di mira non da un pubblico di esperti ma da branchi di ragazzine inferocite fan della saga adolescenzial-vampiresca), ma difficilmente viene ricordato quando il suo lavoro è di qualità. Eppure, la qualità della traduzione è essenziale affinché noi si possa godere di un testo che non è stato scritto per noi ma ripensato per noi, per permetterci di godere la storia senza perderci nemmeno una sfumatura della lingua, per capire i contesti, i giochi di parole, i riferimenti che potrebbero perdersi non conoscendo del tutto la cultura di partenza. Forse potrebbe stupirvi che io, che predico il plurilinguismo, non vi consigli di leggere testi in lingua. Il punto non è questo: io vi consiglio CERTAMENTE di leggere testi in lingua, quelli che vi pare, anche l’elenco del telefono, anche se capite la metà della metà della metà. Leggere è il modo migliore per mettere da parte un bagaglio di conoscenza linguistica (soprattutto passiva) incredibile. Per lo stesso motivo, vi consiglio di leggere traduzioni di qualità, quando volete regalarvi il piacere di leggere. Quei volti ignoti, quelle mani che hanno fatto le corse sulla tastiera per permettervi di leggere un testo e capirne il 100%, sono il vostro ponte tra le culture, vi rendono nella vostra lingua quello che non capireste ancora, solleticano la vostra curiosità, vi illuminano dove vedreste solo buio, e magari la prossima volta acquisterete un testo in lingua originale. Magari lo stesso testo, dato che già conoscete la storia e farete meno fatica a leggerla in originale (visto che consiglio caprone?). Non lo comprerete? Non fa niente, godetevi il piacere della lettura. E godetevi uno di questi due libri, o meglio tutti e due, meritevoli veramente, frutto di due grandezze della letteratura contemporanea, che devono dire grazie a due incredibili traduttrici per poter essere sbarcate così perfette sul mercato editoriale italiano.


La prima è “In fuga” di Alice Munro, autrice canadese Premio Nobel per la letteratura nel 2013 e tradotto da Susanna Basso. 
La seconda è “La donna che scriveva racconti”, di Lucia Berlin, una rivelazione nel panorama letterario americano, tradotta da Federica Aceto. Entrambe sono raccolte di racconti, in cui personaggi, storie, vite si intrecciano, ma lascio a voi la curiosità di scoprire i diversi stili delle autrici. Vi do solo una garanzia: nelle mani sapienti di Susanna Basso e Federica Aceto, Alice Munro e Lucia Berlin parlano letteralmente italiano.


La prossima volta che volete scegliere un libro da leggere, e non sapete proprio su cosa orientarvi, fate una prova: scegliete un libro tradotto da un bravo traduttore. Non vi garantisce che il libro vi piacerà, ma vi garantisce che il mondo che l’autore ha costruito sarà riportato, intatto, sotto i vostri occhi.