mercoledì 22 novembre 2017

Mangia pane e dizionario! Risorse gratuite per ampliare il vocabolario

Eccoci tornati con i “consigli caproni”, la rubrica più terra terra che ci sia: un post di suggerimenti facili facili per aiutarvi a creare un vostro primo vocabolario, o anche ad incrementarlo, su oggetti di uso quotidiano e varie, e tenere in allenamento la vostra memoria (Alzheimer pussa via!). Onde evitare, sapete, quelle simpatiche situazioni in cui diciamo “il coso della cosa nella cosa”, oppure sfoggiamo il nostro migliore sguardo da pesce lesso mentre le scimmie nel nostro cervello smettono di spulciarsi per cercare freneticamente la parola che ci serve – che poi spesso è di una banalità imbarazzante, come tavolino o telecomando. Pensato come post soprattutto per i principianti in una lingua, può comunque essere utile per aggiornarci o “spolverarci” tutti!

1.       Etichettate tutto!

Da oggi in poi, niente sopravvivrà in casa vostra senza la sua brava etichetta, con il nome dell’oggetto scritto sopra. La semplicità di questo piccolo esercizio va di pari passo con la sua utilità: quante volte al giorno aprite il frigorifero, la porta, la finestra? Quante volte usate l’automobile, i fornelli, le chiavi? Se ogni volta che prendete in mano il portafogli leggete “Geldbeutel” (oppure portmonnaie, o wallet, o portafogli stesso, se state imparando l’italiano), non ci vorrà molto tempo prima che questo nome si imprima spontaneamente nella vostra memoria. Come dite? Che rischiate di dire al ristorante una cosa tipo:”Oh no, ho lasciato a casa il Geldbeutel?” Mi rendo conto del rischio ma… chi non risica non rosica!

2.       La lavagna

Sì, lo so, siamo in un’era supertecnologica, con I-phone, I-pad, app, cazz e mazz, ma volete mettere il fascino della lavagna? Della cara vecchia lavagna polverosa di gesso, e metafora di apprendimento? Immagino di non dovervi spiegare nulla: scrivete sulla lavagna qualcosa che vi serve o che vi piace nella lingua che volete apprendere, magari una bella frase motivazionale, un modo di dire, un proverbio, quello che preferite. Leggetela e ripetetela tutte le volte che ci passate davanti, finché non l’avrete fatta vostra. A questo punto cancellate e ripetete con una nuova. A casa nostra, sulla porta d’ingresso, dalla parte interna campeggia questa piccola lavagna dove ho scritto scherzosamente “uscita” in varie lingue – perché le persone confondevano sempre l’uscita con il bagno, la cui porta è lì accanto. Ebbene, i nostri ospiti più assidui ormai sanno scrivere “uscita” pure in giapponese!

3.       Liste&co

Abituatevi a scrivere la lista della spesa, o anche altre liste che fate di solito, nella lingua di arrivo: le liste sono una cosa semplice, ma fanno parte del vostro vocabolario quotidiano, così come pesi e misure varie che le possono accompagnare. Insomma, se comprate sempre insalata e mai carrube, forse vi conviene imparare prima a dire insalata, vero?

4.       Non è bello ciò che è bello ma è bello ciò che piace

Questa affermazione, validissima sempre, è sicuramente da sprone anche per iniziarsi ad una nuova lingua. Certamente, tra le mille nozioni che potremmo imparare, la pillola va giù più facilmente se quello che stiamo apprendendo ci piace; prendiamo quindi qualcosa che riguarda i nostri interessi, ed usiamolo per imparare la lingua. Poco tempo fa, riordinando, ho ritrovato la prima rivista di Ikea in tedesco che presi appena trasferiti qui – non conoscevo affatto il tedesco, dovevamo arredare la nuova casa, e l’arredo mi è sempre piaciuto. Quella rivista è piena di sottolineature, praticamene tutte le parole sono tradotte: è stato un primo approccio per capire come funziona la lingua scritta, e l’ho fatto con meno fatica perché motivata dall’interesse. Mi ha fatto piacere e anche un po' di tenerezza rivederla, oggi le paole tradotte sarebbero molte meno, è anche un modo per valutare i vostri progressi. Seguite magari qualche pagina FB di un argomento che vi interessa, oppure un blog, comprate riviste, libri, fumetti… Vi consiglio la parola scritta, almeno all’inizio, proprio perché vi dà l’opportunità di riflettere sulla struttura della lingua.


Allora, quale consiglio caprone seguirete? In tutti i casi, buon apprendimento!

martedì 14 novembre 2017

Rinforzare il plurilinguismo: i giocattoli "stranieri"

Vi presento Pangui e Lola (vi sfido a capire chi sia Pangui, ehehe 😉), di proprietà della Maxi. Belli eh, ma che c'entrano in un blog che parla di plurilinguismo, direte voi? Pangui e Lola sono molto importanti, in realtà, non solo perché sono cari al cuore della Maxi, ma anche perché... parlano italiano! (NdA: ce ne sono anche altri, ma al momento sono in gita di piacere presso la lavatrice! 😁)

Vi tiro fuori subito dalla confusione: la Maxi, vivendo in Germania da ormai più di tre anni, ha sostituito man mano porzioni di italiano con corrispettive fette di tedesco, nei suoi giochi. Per quanto ciò possa far dolere un po' il cuore nostalgico dei suoi genitori, è naturale, fisiologico che sia così: il tedesco è in effetti la lingua con cui si confronta nei giochi con i coetanei, per la maggior parte del suo tempo, lungi da noi l'idea di intrometterci in questo processo e guastarne la spontaneità, in qualunque lingua avvenga. Si sono però create, altrettanto spontaneamente, delle "finestre" in cui il gioco viene condotto in italiano, ed è proprio quando Pangui o Lola, una new entry di pochissimi giorni fa, entrano in scena. Pangui è il ricordo delle nostre vacanze estive in Italia, culminate con una gita che la Maxi desiderava con tutta se stessa, e che ha ricevuto come sorpresa - che l'ha ammutolita per una buona mezz'ora: una visita all'acquario di Genova. Lola è invece un regalo che ha ricevuto dallo zio paterno, che è passato a farci un saluto al ritorno di un viaggio di lavoro in Germania. Entrambi, per la Maxi, parlano italiano, perché indubitabilmente legati a situazioni che hanno a che fare con l'Italia, ne riportano ricordi ed emozioni. Semplicemente, nella sua testolina, i giochi italiani non capiscono il tedesco, e viceversa. Questo si verifica anche quando andiamo in visita dalla famiglia: con i giochi che trova sul posto gioca in italiano, con quelli che porta "in trasferta" in tedesco. Ci tengo a sottolineare che questa decisione la Maxi l'ha presa in totale autonomia, per scelta noi ci intromettiamo il meno possibile nei suoi giochi (giusto quando diventano pericolosi), e non ci saremmo mai sognati di forzarla in questo senso: probabilmente avremmo avuto l'unico risultato di indisporla di più verso la lingua. Qui stiamo parlando di gioco libero e personale, è ovviamente possibile organizzare giochi guidati per bambini in altre lingue, e ne parleremo presto qui nel blog, ma qui siamo in un campo diverso, e possiamo solo ritenerci contenti che la Maxi abbia scelto di dedicare una parte del suo gioco all'italiano.

Questo "strumento" del gioco, io ve lo riporto come esperienza personale; non posso garantire che funzioni per tutti, che ogni bambino sceglierebbe questa strada, né che duri nel tempo - ad un certo punto abbandonerà i peluche, e chissà se tra i loro sostituti ci sarà qualcosa che parla italiano...
Vi offro però questo spunto, qualora vogliate provare a rinforzare una lingua che vi sembra più debole, o offrire un'occasione in più ai vostri bambini per praticarla. Non buttatevi giù se non dovesse funzionare: magari non era il gioco giusto, l'occasione giusta, il legame affettivo con il gioco abbastanza forte... Nel gioco libero, ogni bambino è re! 

Buon divertimento!

martedì 24 ottobre 2017

Risorse gratuite per imparare le lingue - il tandem

Bentornati cari amici,
Il post di oggi nasce da una mia riflessione come utente di alcuni gruppi FB, accomunati dal tema "espatrio"; italiani all'estero, mamme all'estero... In questi gruppi ci si intrattiene più o meno allegramente, si fa polemica, ci si fraintende come in tutti i gruppi e poi arriva lei, la fatidica domanda, puntuale come le tasse:"Si può trovare lavoro in Germania senza conoscere la lingua?" Che dirvi, tutto a questo mondo si può fare, ma l'esperienza fin qui raccolta - poca la mia, più lunga quella di molti altri, fa rispondere che sarebbe meglio, opportuno, facilitante arrivare con un minimo di lingua. Non tanto, o non solo, per il lavoro, ma perché lì fuori c'è un mondo che pretende la vostra comprensione, che non ammette ignoranza, che vi rende facili al raggiro e alle brutte esperienze se non sapete difendervi, linguisticamente parlando. Lo dico proprio perché noi siamo arrivati in Germania senza conoscere il tedesco. La replica, molto spesso, è che i corsi sono cari: vi capisco, se a malapena avanzano i soldi per mangiare, investirli per un corso è complicato (ma i corsi non sono cari, sono il pagamento equo per il professionista che vi insegna), ma allora perché non sfruttare l'era digitale, in cui le informazioni sono così facili da trovare, che dovete anzi scansarle come i moscerini sul parabrezza?
Voglio parlarvi di alcuni metodi che vi permetteranno di iniziarvi a qualunque lingua senza vendere un rene, la mamma o i gemelli del matrimonio, anzi: si distinguono per il loro costo pari o prossimo allo 0.
Potrete con questi metodi studiare in una università straniera, tenere conferenze in un'altra lingua, scrivere discorsi per un capo di stato? Certamente no, ma potrete avere un'infarinatura, un primo approccio rompighiaccio con la lingua nuova, che psicologicamente vi mette 100 gradini avanti sulla scala dell'autostima.

Il primo metodo, di cui vi parlo oggi, è quello del TANDEM. Non è altro che l'evoluzione dell'amico di penna straniero, ma in rapporto face-to-face (o skype, che posso assicurarvi funziona benissimo lo stesso). Per fare un tandem vi servono:

- una persona desiderosa di imparare una lingua (voi);
- una persona desiderosa di imparare la vostra lingua madre;
- un appuntamento, fisico o virtuale.
Concordate un luogo e un orario, una durata, vi incontrate e parlate metà del tempo nella vostra lingua, metà del tempo nella lingua dell'altro. Ecco tutto.

Vantaggi: conoscerete persone nuove, farete pratica reale della lingua a qualunque livello siate (io iniziai veramente a 0), non vi sentirete sotto esame perché il vostro compagno desidera imparare quanto voi, non è un insegnante, non spenderete un euro.


Svantaggi: probabilmente non farete esercizi di grammatica ripetitivi, e forse il vostro compagno non sarà in grado di spiegarvi alcune regole - così come voi forse non ne sapete tante della vostra lingua, ma le applicate inconsciamente. Per iniziare, o implementare la conversazione, è un metodo validissimo.


Sì, ma come si trova un compagno di tandem? Esistono gruppi FB dedicati, oppure il caro vecchio annuncio cartaceo in una scuola di lingue andrà benissimo! Scrivete che vorreste un compagno di tandem e che lingua offrite in cambio (non necessariamente la vostra madrelingua, potete offrirne anche un'altra che conoscete bene!).


Pronti a "tandeggiare"? Imparare a costo 0!

martedì 10 ottobre 2017

Bilinguismo bambino: mantenere l'equilibrio

 Il plurilinguismo è una questione di equilibrio; ogni equilibrio è possibile naturalmente, ma occorre sempre tenere sotto'cchio tutte le parti.

 La nostra Maxi, come ormai saprete, è una scolaretta, e la sua istruzione sta avvenendo perciò in tedesco. Niente di male, ovviamente, ma con il passare del tempo la piccina “scivola” sempre di più verso la lingua di Goethe, lasciando indietro quella di Dante. È normale e non deve spaventare, se anche i vostri figli in situazioni di bilinguismo simile, parlano con un miscuglio che alle volte non è né l’una né l’altra lingua (l’insalata, no?), non allarmatevi, perché non finiranno per perdere la lingua madre, fintantoché le due esperienze linguistiche (o anche più di due) resteranno tutto sommato in equilibrio. Naturalmente, sarà possibile ed anzi quasi scontato che i bambini differenzino i registri linguistici: a casa con voi parleranno una lingua molto “sciolta” sicuramente, ma la lingua del gioco resta quella che usano di più per giocare, appunto. Nella piccola comunità in cui viviamo, mia figlia è l’unica 100% straniera, il suo contesto di gioco e studio è fatto di tedesco: va da sé che quando gioca da sola, lo faccia in tedesco. Non fraintendetemi, gioca tranquillamente in italiano con i suoi amici italiani, ma il suo parlottare in solitaria è senza dubbio teutonico. Per la Mini, quando uscirà dalla fase di Babbà, sarà probabilmente ancora più accentuato.

Come fare allora, per evitare che la lingua madre vada perduta, o rimanga ad un livello molto basilare? Voglio offrirvi qualche piccolo spunto in base alla mia esperienza, che potete tranquillamente rimaneggiare e adattare al vostro bisogno.

Anzitutto, mi sentirei di sconsigliarvi di ripetere ad ogni piè sospinto “Dillo in italiano!”, se i vostri figli parlano inframmezzando parole dell’altra lingua: forse noi nati e cresciuti monolingua non ce ne accorgiamo, ma questa apparente confusione è la vera ricchezza che sta alla base del crescere plurilingui, un ricco humus da cui si trarrà sempre più capacità di distinguere tra le lingue, e di passare con facilità dall’una all’altra. Soprattutto però, perché per il bambino è umiliante e snervante, si sente rimproverato (“se lo sapevo in italiano lo dicevo, no?”), e rischiate di farlo chiudere di più e detestare questa cosa in cui non riesce. Offrite invece un rinforzo positivo, come per esempio:

Maxi: “Mamma, oggi a scuola abbiamo usato il Lineal…”
Io: “Ah sì amore, avete usato il Righello? E cosa avete fatto?”

Servite loro un bell’assist senza che se ne accorgano: oltre a sentirsi capiti, la loro memoria registrerà l’associazione lineal=righello, e magari sarà utile ripeterlo più volte, ma il segno resta.

Poi, potreste trovare delle piccole e divertenti attività da fare nella lingua che volete rinforzare (vale anche per chi cresce plurilingui nel paese della propria lingua madre), prendendo spunto magari da ciò che si fa a scuola, e soprattutto dagli interessi dei bambini. Amano il calcio? Leggete con loro le biografie dei calciatori che amano, e sottoponeteli a sessioni di Holly e Benji! Amano la danza? Scegliete dei libri a tema, ci saranno sicuramente riviste del settore di cui potete acquistare qualche numero per leggerlo insieme. Sfruttate le risorse della rete (YouTube, Daily Motion, siti di programmi per bambini), sempre sotto il vostro controllo ovviamente, per proporre loro tante e diverse occasioni di essere sottoposti alla lingua divertendosi. Se avete occasione, inoltre, di frequentare persone che parlano la stessa lingua che volete rinforzare, fatelo senza indugio quando potete: la sfida di uscire dalla comfort zone familiare per mettere alla prova le proprie conoscenze con altri è per i bambini estremamente formativa.

Queste sono poi le attività regolari che, affiancate al parlare in italiano in casa tra di noi, facciamo per far sì che le piccole abbiano la loro dose di lingua:

Canzoni e poesie in rima

La Maxi è in prima elementare, e si diverte molto con le rime, esercizio che per altro usano molto spesso nella sua scuola per insegnare la lingua. Ebbene, sfruttando il tema della stagione autunnale in cui ci troviamo, impariamo canzoncine e poesie in rima in entrambe le lingue: quelle che ci piacciono di più le incorniciamo e le appendiamo per casa, così quando ce le troviamo davanti le cantiamo/recitiamo – la Maxi non sa ancora leggere ma ha una memoria da elefante.

Serata cinema!

Questa è una attività, piacevole senza dubbio, che ho introdotto da poco, e cioè da quando ho colto la preponderanza del tedesco sull’italiano. Non che prima non si guardasse la tv, ma ora abbiamo una sera fissa a settimana in cui si possono, nell’ordine:

  • -          Mangiare un po’ di schifezze
  • -          Mangiare sul divano (che non si fa per i figli!!!)
  • -      Guardare un bellissimo film/cartone per la famiglia in italiano (o nella lingua da rinforzare).


La faccenda è talmente piacevole e divertente, che la Maxi non vede l’ora che arrivi il prossimo venerdì per fare la nostra serata cinema, ed il fatto che noi le si proponga in maniera fissa la visione di qualcosa in italiano non è in alcun modo percepito come un dovere, un compito o una noia.

Per ora, essendo la Maxi appena scolarizzata, tutto questo è sufficiente per bilanciare più o meno l’esposizione alle due lingue: sicuramente crescendo, con l’inizio della scrittura autonoma, le sfide aumenteranno, ma ai duri piace giocare quando il gioco si fa duro!

A proposito, avete film a tema Halloween da consigliarci per i venerdì del mese che restano? Io ho già qualche idea, ma nuovi pareri sono sempre bene accetti!

Come procede il vostro bilinguismo bambino?


Un saluto dalla vostra insalata, e dalle sue piccole insalatine!😄

giovedì 5 ottobre 2017

"Il tempo è omosessuale oggi!" Sopravvivere alle inevitabili gaffe

Come da titolo, parliamo di gaffe. Chi è bilingue italiano-tedesco ha già capito, e se la starà ridendo sotto i baffi perché, e non provate a dire di no, questa figuraccia è capitata a TUTTI i poveri disgraziati che si siano avventurati sul suolo teutonico, e abbiano tentato di fare una banale conversazione sul tempo.
Fermo restando che imparare il tedesco non è un’avventura propriamente banale, questa mefistofelica lingua alle volte ha delle insidie davvero sottili. Uno cerca invano di mettere insieme una frase che non lo faccia apparire muto, ed ecco che in quel nanosecondo in cui devi connettere cervello e bocca, ti trovi davanti a due parole SIMILISSIME e quale scegli? Quella sbagliata. Eccerto.

Vi spiego di cosa parlo: in tedesco ci sono due parole estremamente simili, Schwü(che vuol dire “afoso, umido”) e Schwul (“omosessuale”). Anche dal punto di vista fonetico, le differenzia un’inezia: la U con la dieresi (i pallini sopra) si pronuncia come la U francese, l’altra come la U italiana. Ora, io sono sicura che non ci sarebbe così tanta ansia di confondersi, se non si temesse di fare una figuraccia storica, ma dato che l’ansia si sa, si nutre della carne che la ospita, ecco che alla scelta della parola quasi sicuramente cadremo su quella sbagliata. E mica solo una volta, no no! Beccheremo il nostro vicino che esce in mutande a buttare l’immondizia e lo delizieremo dicendogli “Il tempo è proprio omosessuale oggi!”. Poi rientreremo in casa, ci accorgeremo della figuraccia fatta, e daremo testate contro il muro. C’è da dire che i tedeschi o sono particolarmente gentili, o particolarmente rassegnati a questa uscita da parte degli stranieri, perché non si scompongono più di tanto, magari ti rispondono pure!

Non cospargetevi il capo di cenere, amici, e soprattutto non scoraggiatevi: ogni lingua tende delle insidie, che porta alla creazione di buffi ed involontari doppi sensi. “Sbagliando si impara” non è mai stato vero quanto adesso; mettetevi addosso un po’ di faccia tosta e buttatevi alle spalle ogni errore o figuraccia fatti sul percorso dell’apprendimento linguistico, ognuno di questi non è che una porzione della strada di conoscenza che state lastricando.


Ehm, forse “mal comune mezzo gaudio” non è la maniera più matura di vivere la cosa, ma vi voglio raccontare questo piccolo aneddoto di una ragazza conosciuta anni fa, che parlava un italiano di seconda generazione un po’ stentato e viveva all’estero, in un paese di madrelingua inglese. Si chiacchierava, si ascoltava musica e ad un certo punto lei con enfasi, riferendosi ad un pezzo passato in radio, dice:”Però, che belo questo cazzone!”. Ecco, ci è voluta veramente una vagonata di autocontrollo per non scoppiare a ridere e spiegarle la differenza tra “canzone” e “cazzone”! 😂😂😂


Siate pazienti e curiosi sempre, non vergognatevi mai, e buona insalata!

mercoledì 20 settembre 2017

Insegnare le lingue - scandire la lezione in blocchi temporali

Bentornati a tutti, cari amici. La pausa tra l’ultimo post e questo è stata abbastanza lunga, ma la vostra insalata di lingue ha deciso di prendersi un po’ di tempo per organizzare al meglio le tematiche da offrire per i mesi a venire.  Accanto a scorci di vita reale a più registri linguistici e post di stampo più “tecnico”, ho deciso di introdurre un argomento che mi sta molto a cuore, e del quale credo sia anche utile parlare, per scambiarsi opinioni ed esperienze. Qualcuno di voi, come me, ha in calendario il lavoro di insegnante di lingua per adulti? Allora questo post farà decisamente al caso vostro! Che siate insegnanti navigati o novellini, è sempre utile confrontarsi su metodi e organizzazione delle lezioni.

Oggi voglio consigliarvi come suddividere una lezione di lingua in blocchi temporali sulla base degli argomenti che andrete ad affrontare. Lo trovo utilissimo perché io, alle prime lezioni, ero ovviamente piuttosto sprovveduta e per quanto conoscessi la materia, saperla condensare e plasmare all’interno di una determinata scansione oraria era un altro paio di maniche; alle volte mi sono ritrovata con programmi densissimi e la frustrazione di non essere riuscita a far capire tutto, o aver preteso troppo, altre invece con lezioni troppo rarefatte, e ho dovuto inventare disperatamente al volo un tappabuchi, per non lasciar cadere i minuti vuoti. Provare invece ad organizzare la lezione non solo per argomenti, ma anche per blocchi temporali, vi aiuterà moltissimo anzitutto a visualizzare il vostro lavoro, e sentirvi più sicuri una volta faccia a faccia, ed inoltre ad avere sotto controllo l’andamento della lezione, e far sì che gli studenti vi seguano. Anche se siete alla vostra prima lezione frontale, voi state offrendo professionalità, che si evince non solo dalla conoscenza dell’argomento, ma anche da come lo dominate e lo offrite ai vostri studenti. Naturalmente, questa pre-organizzazione è solo uno spunto, un canovaccio che vi guiderà nella fluidità dello svolgimento, non dovete pensare di seguirla alla lettera, né di stare lì con il cronometro e cambiare argomento quando scattano, ad esempio, i 20 minuti precisi.

Per scansionare al meglio la vostra lezione, occorre prima tenere conto di alcune importanti caratteristiche che riguardano la struttura stessa del vostro corso, ovvero:

-          Il numero dei partecipanti: in termini di tempistica, un corso individuale si differenzia moltissimo da un corso composto da, ad esempio, 15 persone: immaginate solo quanto scarto c’è tra esercitare un argomento con una persona, ed esercitarlo con 15 (15 volte lo stesso esercizio!);

-          L’età dei partecipanti: questa considerazione non nasce da nessun tipo di discrimine, ma solo dall’esperienza: IN MEDIA, più i partecipanti sono giovani, più saranno veloci e pronti, ma anche più facilmente si annoieranno. Viceversa, gli adulti hanno in media bisogno di qualche minuto in più per elaborare i dati, ma sono normalmente più interessati alla materia (nessuno li costringe a studiare, vengono volontariamente). Bilanciare questi due fattori sulla base dell’età media aiuta a strutturare lezioni il più possibile coinvolgenti, senza stress per nessuno.

-          Il tipo di supporto utilizzato: cosa usate per insegnare la lingua? Un classico libro di testo con esercizi guidati? Flashcards? Giornali e quotidiani per un corso di conversazione? Articoli di blog? Testi tecnici e specifici? Giochi? Il campo è ampissimo, e la possibilità di utilizzare anche materiali non concepiti specificamente per l’insegnamento è praticamente infinita. Anche qui, la variabile tempo è dipendente dal supporto utilizzato, un esercizio guidato in un libro di testo vi permetterà di calcolare il tempo che ci vuole a svolgerlo con un’approssimazione maggiore, una lezione basata su un gioco a squadre è piuttosto imprevedibile, un video ha già il suo minutaggio che si può completare con domande o esercizi ad hoc…

-          Bilanciamento lingua passiva/attiva: qualsiasi tipo di corso offriate, cercate di fare in modo che gli incontri non siano composti solo da voi che parlate/scrivete per un’ora e mezza, ma nemmeno che gli studenti debbano intrattenersi da soli mentre voi li guardate con l’aria serafica di un cherubino. Anche in un corso di conversazione, che difetta della parte scritta, o in un corso di pura grammatica, siate voi ad offrire vari spunti di comprensione, integrando argomenti noti con qualcosa di nuovo, e poi lasciate spazio alla pratica.
                                                                                                                                                        
Dopo avere riflettuto su queste variabili, andiamo a stendere un ipotetico “piano di attacco” della nostra lezione, più dettagliato di un piano di guerra a Westeros, più strategico di una partita a scacchi, più organizzato di Google Calender. Ipotizziamo, data la stagione ancora “fresca” dal punto di vista lavorativo, una prima lezione con un nuovo gruppo di studenti.

Tipo di corso: Italiano principianti
Partecipanti: 15, adulti
Durata: 1 ora e 30 minuti
Focus: presentazione reciproca, prime parole - saluti, frasi utili
Supporto: libro di testo classico

10-15 minuti: presentazione dell’insegnante, breve presentazione del corso e del supporto utilizzato (in questo caso abbiamo indicato un libro di testo classico, indicate loro anche l’ISBN e dove reperirlo). Se avete informazioni burocratiche/organizzative da dare (compilazione registri, liste e-mail ecc.) fatelo ora così ve le togliete di torno, e nel frattempo le persone si rilassano.

5-10 minuti: scrivete alla lavagna brevissime frasi utili per la presentazione personale (mi chiamo…, vivo a…, vengo da…, lavoro come…, ho… anni ecc.), ripetetele chiaramente in italiano e lasciate agli studenti un po’ di tempo per scriverle/assimilarle, poi…

20 minuti: fate fare un giro di presentazioni ; ogni studente dovrà fare una brevissima biografia di se stesso utilizzando le frasi guida scritte da voi alla lavagna. TIP ROMPIGHIACCIO: trovate un modo divertente per scegliere il poveraccio che parlerà per primo, tipo il gioco delle pagliuzze (chi pesca la pagliuzza più corta è il primo), oppure carte numerate con il numero dei partecipanti, parla per primo chi pesca il numero 1 e via a seguire. Questo tipo di giochini spezza l’atmosfera sempre un po’ tesa della prima lezione, e non dà a nessuno l’impressione di essere stato “preso di mira” dall’insegnante.

20 minuti: utilizzo del supporto: ora, utilizzate il materiale scelto, studiando un’esercitazione di una ventina di minuti, per rinforzare quanto appena fatto e lasciare che gli studenti trovino un riferimento da qualche parte. Un testo classico avrà sicuramente un’unità 1 per i principianti, che illustra come presentarsi: lasciatevi guidare dal materiale!

15 minuti: ora passate ad elencare i diversi saluti che si usano in italiano, suddividendoli come preferite: formali ed informali, giornalieri e serali, di incontro e di commiato… Scriveteli alla lavagna, così mentre scrivete i vostri studenti riescono a fare un po’ di pausa. Poi potete leggerli insieme, farli leggere uno alla volta, in gruppi…

10-15 minuti: rilassatevi e lasciateli rilassare negli ultimi minuti di lezione, con un po’ di small talk sulla classicissima ma sempre efficace domanda: ”Perché volete studiare italiano?” Lasciateli parlare a ruota libera, nella loro lingua, o se vogliono sfoggiare qualche parola di italiano che già conoscono lasciateli fare senza correggerli, questa piccola conversazione sarà utile anche a voi per conoscerli meglio, e preparare i prossimi incontri in maniera sempre più efficace.

Vi lascio un altro piccolo consiglio: usate il terreno fertile della lezione precedente per preparare la successiva. Ad esempio, qui avete nominato l’età? Potete far conoscere loro i numeri. Avete chiesto del loro lavoro? Che ne dite del lessico sulle professioni per la prossima volta?

E con questi piccoli spunti, vi auguro buon lavoro, colleghi insegnanti!



giovedì 24 agosto 2017

Kakkalakka

Oggi voglio condividere con voi un breve aneddoto. Un aneddoto che riguarda come ho conosciuto un amico, invero in maniera molto particolare, quando la Maxi (che potremmo definire, in questo caso specifico, “la contessa”), al primo anno di asilo in Germania, torna a casa dicendomi una cosa del genere: “Mama, du bist (tu sei) ein KAKKALAKKA!” La mia reazione, con perfetto aplomb inglese, è stata “e mo che è sta roba?!” La roba, o forse il robo, è questa:

Eccolo, il mio amico. Bellino, no?

Ora, pare che indagando presso la Maxi, il fascino di questa meravigliosa parola (che in realtà è Kakerlaken) risieda proprio in questa sua omofonia con Kaka – no, non il giocatore di calcio, è esattamente l’altra cosa che state pensando. Chiunque abbia a che fare con bambini in età da scuola materna, sa quanto fascino esercitino su di loro queste parole “sporche” e “proibite”. Uno scarafaggio cagone. Un caccascarafaggio. Sapete trovare qualcosa di meglio?


La cosa assurda però è un’altra: a me, nel sentire questa parola, viene in mente questa canzone:  

https://www.youtube.com/watch?v=kZzBd41NuZw


Apache Indian, chiedo venia ma niente, ormai questa è la nostra canzone dello scarafaggio cagone. Stacce. Boom Kakkalakka a tutti!

mercoledì 16 agosto 2017

Quale traduttore leggi?

In questi giorni agostani, cari amici, la vostra insalata di lingue ha subito una leggera battuta d’arresto, non tanto per il famoso caldo estivo tedesco (16 gradi quando andava bene, nei giorni scorsi), ma più che altro per la conoscenza approfondita della malattia dal simpatico nome Bocca-Mani-Piedi, che ha decimato la famiglia a partire dalla piccola Mini per finire a Marito. Maxi a parte, che se l’è cavata con un giorno di febbre, noialtri siamo diventati adorabili ghepardi, anche un filo arrabbiati, aggiungerei.

Ho comunque preso la palla al balzo della maggiore rilassatezza della stagione estiva (sempre altrove), pensando che una piccola pausa non ci sarebbe stata affatto male in una fila di giorni in cui ci si dedica di norma a svago, relax, hobby e passioni. E proprio di passioni vengo a parlarvi oggi: uno dei miei maggiori interessi è, senza alcun dubbio, la lettura, ed è un’attività che ben si presta alle lunghe giornate estive, quando fa troppo caldo anche solo per muovere un piede e lì, su un’amaca sotto un paio di alberi frondosi, o su un divano in un salotto ombreggiato, o dove volete, con un libro in mano si sta proprio bene.
Voglio quindi offrirvi un paio di consigli di lettura, ma non la classica recensione, ovviamente: voglio consigliarvi un paio di libri, notevoli, non soltanto per le autrici che li hanno scritti, ma anche per le traduttrici che li hanno tradotti. Dubito che molte persone, nella scelta di un libro da leggere, si soffermino su chi ha tradotto il testo. Ciò ha un senso, in realtà : il traduttore non è un autore, nemmeno un co-autore, e non deve esserlo. La sua presenza deve sparire dietro l’autore, il suo lavoro è prestargli le parole migliori nella sua lingua madre, limitandosi a rendere al meglio la versione originale, un po’ come i doppiatori prestano la voce agli attori. Per dire, se un autore vi fa schifo non è colpa del traduttore, no no, è proprio l’autore che scrive da cani! Eppure questo lavoro artigiano, fatto di infinite limature, di notti insonni sulla migliore coniugazione da usare, di crisi di disperazione per capire quale tempo verbale usare (non tutte le lingue hanno gli stessi tempi verbali passati, ad esempio), e tutto per rendere giustizia ad un testo che permetta di essere letto senza dover dire “to’, arrangiati e leggitelo in originale se ti interessa!”, ecco, questo lavoro merita un po’ di riconoscimento.  Pur non traducendo letteratura, è una deformazione professionale, per me, andare a vedere chi ha tradotto un libro prima di acquistarlo. Il lavoro del traduttore, così minuzioso e certosino, è vittima di un’ingrata incomprensione: generalmente al traduttore si tirano le pietre solo quando secondo l’utenza fa un lavoraccio (ho letto ad esempio cose turche sui traduttori della saga di Twilight, poveracci, per altro presi di mira non da un pubblico di esperti ma da branchi di ragazzine inferocite fan della saga adolescenzial-vampiresca), ma difficilmente viene ricordato quando il suo lavoro è di qualità. Eppure, la qualità della traduzione è essenziale affinché noi si possa godere di un testo che non è stato scritto per noi ma ripensato per noi, per permetterci di godere la storia senza perderci nemmeno una sfumatura della lingua, per capire i contesti, i giochi di parole, i riferimenti che potrebbero perdersi non conoscendo del tutto la cultura di partenza. Forse potrebbe stupirvi che io, che predico il plurilinguismo, non vi consigli di leggere testi in lingua. Il punto non è questo: io vi consiglio CERTAMENTE di leggere testi in lingua, quelli che vi pare, anche l’elenco del telefono, anche se capite la metà della metà della metà. Leggere è il modo migliore per mettere da parte un bagaglio di conoscenza linguistica (soprattutto passiva) incredibile. Per lo stesso motivo, vi consiglio di leggere traduzioni di qualità, quando volete regalarvi il piacere di leggere. Quei volti ignoti, quelle mani che hanno fatto le corse sulla tastiera per permettervi di leggere un testo e capirne il 100%, sono il vostro ponte tra le culture, vi rendono nella vostra lingua quello che non capireste ancora, solleticano la vostra curiosità, vi illuminano dove vedreste solo buio, e magari la prossima volta acquisterete un testo in lingua originale. Magari lo stesso testo, dato che già conoscete la storia e farete meno fatica a leggerla in originale (visto che consiglio caprone?). Non lo comprerete? Non fa niente, godetevi il piacere della lettura. E godetevi uno di questi due libri, o meglio tutti e due, meritevoli veramente, frutto di due grandezze della letteratura contemporanea, che devono dire grazie a due incredibili traduttrici per poter essere sbarcate così perfette sul mercato editoriale italiano.


La prima è “In fuga” di Alice Munro, autrice canadese Premio Nobel per la letteratura nel 2013 e tradotto da Susanna Basso. 
La seconda è “La donna che scriveva racconti”, di Lucia Berlin, una rivelazione nel panorama letterario americano, tradotta da Federica Aceto. Entrambe sono raccolte di racconti, in cui personaggi, storie, vite si intrecciano, ma lascio a voi la curiosità di scoprire i diversi stili delle autrici. Vi do solo una garanzia: nelle mani sapienti di Susanna Basso e Federica Aceto, Alice Munro e Lucia Berlin parlano letteralmente italiano.


La prossima volta che volete scegliere un libro da leggere, e non sapete proprio su cosa orientarvi, fate una prova: scegliete un libro tradotto da un bravo traduttore. Non vi garantisce che il libro vi piacerà, ma vi garantisce che il mondo che l’autore ha costruito sarà riportato, intatto, sotto i vostri occhi.

lunedì 31 luglio 2017

6 CONSIGLI PER NON TRASFORMARE UNA VACANZA STUDIO IN UNA... CACANZA STUDIO!

Serve dirlo? Anche stavolta, contributo artistico della Maxi!
Mi ricorda un po' lo stile Burberry, non trovate?
Estate, classico tempo di valigie, di vacanze, di viaggi (noi la scorsa settimana abbiamo avuto un’estate di 13 gradi e pioggia torrenziale, ma è un dettaglio!). Cosa c’è di meglio, allora, che combinare la maggior quantità di tempo a disposizione, con l’opportunità di entrare a contatto con una lingua, proprio nel paese in cui si parla? Esatto, miei perspicaci amici, oggi voglio parlarvi dei viaggi studio, anzi, voglio condividere con voi una riflessione sui viaggio studio, a partire dalle mie esperienze personali, per tirare fuori pro e contro di un’esperienza che tanto più sarà utile quanto più sarà strutturata.  Tra un sorso di menta ghiacciata e una croccante fettina di noce di cocco, addentriamoci nel discorso, sognando il fascino delle valigie da chiudere e di un aereo da prendere.

Personalmente, ho fatto esperienza di due tipi di viaggi studio: gli scambi culturali scolastici, tra le scuole medie e le scuole superiori, e il classico viaggio prenotato tramite agenzia apposita. Tutti quanti sono stati per me momenti di enorme apprendimento, non soltanto dal punto di vista strettamente linguistico, ma anche e soprattutto da quello delle “culture comparate”, se così vogliamo definirlo. Una lingua è un po’ come un buon cibo, ed assaggiarla lì dove nasce ha tutto un altro sapore; per questo ho voluto fare delle riflessioni, esposte per voi in una piccola lista – che non dobbiamo certo annoiarci! – perché, anche nel mare magnum dei viaggi studio, ci sono aspetti utilissimi e altri che, beh, sono magari sopravvalutati, o addirittura evitabili.

So che molti genitori investono in queste attività, nella speranza che i loro pargoli in 1/2/3 mesi “almeno imparino l’inglese (o lingua a vostra scelta)!”. Ecco, mi spiace darvi una delusione, cari genitori, ma non è proprio così. Soprattutto se fino al giorno prima di partire, il virgulto era poco sopra il livello ”the cat is on the table”. Il viaggio studio, preso così quasi fuori da un contesto, ha poche probabilità di funzionare per questi due validissimi motivi:

1.     Imparare una lingua è un’attività che richiede un impegno, ed un’immersione, costanti. La pretesa per cui andare un paio di mesi l’anno in un paese e frequentare 5 ore di scuola sia sufficiente per imparare una lingua è, quanto meno, un po’ irrealistica. E’ vero, è innegabile, le lingue si imparano meglio sul posto, ma pensateci bene: quanto di questo posto viene effettivamente veicolato se si frequenta una scuola e si vive in un college? Si crea una sorta di atmosfera “ovattata” che può avere anche ben poco del paese in cui ci si trova.
2.       L’andamento è in genere più o meno questo: prima settimana di studio matto e disperatissimo, entusiasmo alle stelle, sei carico a pallettoni. Dopo il primo weekend passato a girare da solo, a parlare con i muri o a saltare da un canale all’altro di una tv incomprensibile, ti ricordi che hai lavorato/studiato tutto l’anno e che, oh, vorresti pure riposarti, e chi te la fa fare tutta questa fatica per scambiare anche solo due parole? E’ così che si tira fuori uno strumento, o forse un’arma, che si mette in gioco solo nei casi in cui la sopravvivenza è a rischio, uno strumento che ignoriamo, o forse deridiamo, prima di sapere quanto ci servirà: il RADAR RACCATTA-CONNAZIONALI.  Da quel momento in poi, preda di una sordità selettiva, ci lasceremo guidare dalle nostre orecchie che capteranno solo suoni provenienti dalla lingua madre. Saremo capaci di stanare altri italiani anche nel pieno di un concerto dei Prodigy, a loro giureremo eterna devozione e amicizia – o almeno, finché il viaggio durerà -  ed ecco che l’immersione ne “la cultura e la lingua del paese ospitante” è bella che finita.

   Quindi, ci stai dicendo che i viaggi studio sono inutili? Niente affatto. I viaggi studio sono una risorsa preziosa non soltanto, come dicevo, per l’apprendimento della lingua, ma anche per comprendere altre culture, confrontarsi, mettersi in discussione. L’apertura mentale, c’è forse un regalo più grande che potremmo farci, o fare ai nostri figli? 

    Quello che mi sento di consigliare, quando si sceglie di affrontare questo tipo di attività, è progettarla con cura e attenzione, per favorire al massimo l’immersione culturale e ricavare il più possibile dall’esperienza. Stiamo parlando, in linea di massima, di un piccolo “lusso” nell’ambito dello studio delle lingue (non parlo tanto dell’aspetto economico, benché esso abbia la sua importanza, quanto della possibilità di ritagliarsi un tempo e un luogo per l’apprendimento delle lingue veramente ad hoc, cosa che non sempre è possibile), vale la pena prendersi del tempo per fare le scelte più mirate.

·         Non dimenticate che il viaggio studio è un quid in più, in un percorso di apprendimento che deve necessariamente durare anche tutto il resto dell’anno – non che ci si debba esercitare come i Marines delle lingue, ma è chiaro che per fruttare deve essere sostenuto da un lavoro continuo, costante anche se piccolo. Ad esempio, se il nostro contesto familiare e sociale non fosse bilingue, alle bambine (ok, soprattutto alla Maxi) non basterebbero certo le visite dai nonni per imparare l’italiano; non avrebbero ragione di ciò né i genitori italiani, né le radici italiane, né la bellezza della lingua, né altro che la costanza con cui, in casa, si parla italiano. Come detto sopra, se puntate solo su questa esperienza per imparare una lingua, investite i vostri soldi in una vacanza vera e propria.

·         Datevi degli obiettivi realistici (fortemente legato al punto sopra): se partite da 0, tre mesi non saranno mai sufficienti per imparare una lingua. Avranno un valore sicuramente più alto rispetto ad un corso di tre mesi fatto a casa vostra, vi permetteranno di vedere la lingua calata nel suo contesto, di legarla anche a esperienze reali, che è un modo fantastico di tenere a mente le cose, ma… Una lingua è un mondo, è l’espressione di una cultura nel tempo e nello spazio, è vita, anzi, sono milioni di vite che si intrecciano… Realisticamente, come si può impararla in tre mesi (è stato scientificamente provato che il processo di osmosi, per quanto riguarda l’apprendimento delle lingue, non vale)?

·         Scegliete la possibilità di essere ospitati in famiglia piuttosto che un college o un dormitorio, per avere la possibilità di mettere in pratica continuamente quello che si apprende, per vivere la cultura. Quello che questa esperienza può dare in termini di apprendimento, di adattamento, di apertura mentale, di umanità non ha paragoni con altro. Io sono sempre andata come ospite: non tutte le famiglie potevano corrispondere al mio “ideale” di famiglia, come è giusto che sia, ma ogni esperienza mi ha lasciato moltissimo, quello che l’ambiente impersonale di un college o un dormitorio non può darti.

·         Scegliete di partire da soli: perché è dura, non lo nego, ma partire con amici significa, al 99%, non parlare mai la lingua al di fuori delle ore di studio. Per quel prezzo, a questo punto, potete pagarci un corso di un anno comodamente a casa vostra.

·         Scegliete di fare un viaggio di meno, piuttosto, e fatelo bene. Partite quando vi sentite pronti, quando sentite che sarete in grado di assimilare al meglio, e non perché lo fanno tutti. La motivazione è la prima vera molla che vi permette di apprendere, sfruttatela come innesco per far partire il razzo al momento opportuno.

·    Scegliete, se è possibile, un’esperienza lavorativa anche stagionale, anche breve,all’estero; in base all’età, alla possibilità, e se avete almeno una base di lingua. L’ambiente di lavoro è estremamente performante anche se impegnativo, nessuno lì è pagato per ripetervi le cose fino a che non le capite, e la capacità di sopravvivenza linguistica verrà fuori molto prima, tumultuosa, magari inizialmente meno ordinata ma senza dubbio atta al suo scopo, che è la comunicazione.

La vacanza studio è un'opportunità, una possibilità, una scelta in più: scegliete di renderla di valore, e di dare un valore al vostro impegno.

Buon viaggio!


martedì 25 luglio 2017

Chi ben comincia… minicorso di sopravvivenza per mutismo selettivo (detto anche: di questa lingua non so un’acca!)

Ci sono scenari, quando si apprende una lingua, che parlano di impegno profuso ma rilassato, che odorano di libri freschi di stampa, che iniziano tutti con i saluti, e poi magari passano ai giorni della settimana, e ai nomi delle professioni, inserendo il verbo essere e il verbo avere, ed il verbo “chiamarsi”… così, in scioltezza.
Dimenticate questo scenario. Immaginate qualcosa di molto più pulp, tipo che di botto vi trovate catapultati in un supermercato, dovete fare spesa, e a parte le cose ovviamente riconoscibili non capite niente di quello che avete davanti, e finite per comprare un coso che sembrava una salsiccia e invece è una roba spalmabile al fegato orripilante (true story, baby!).
Voglio rendere più morbido il vostro approccio rocambolesco, conscia che non tutti riescono ad avvicinarsi ad una nuova lingua frequentando con calma un corso, prendendo le misure, assimilando i suoni per buttarli fuori solo quando serve; dei corsi, importantissimi, parleremo a tempo debito, ma ora voglio offrirvi un piccolo prontuario d’emergenza per quelle situazioni in cui ci si ritrova a dover capire e parlare una lingua che, letteralmente, si ignora. Questo può essere valido per un espatrio quasi su due piedi, ma anche per una piccola fuga vacanziera, quando si va a trovare qualcuno all’estero e sarebbe molto impressionante ma poco utile saper dire “John Goodman è un ingegnere aerospaziale” e non “ho mal di pancia” se vi vengono delle coliche degne di essere ricordate.

Cosa serve sapere, all’inizio, subito subitissimo al più presto?

I saluti
Tutti, sempre, perché la gentilezza e l’educazione prescindono dall’attuale ignoranza (o non conoscenza, se preferite) della lingua del posto.

Comunicazione spicciola
  • -          Grazie
  • -          Prego
  • -          Per favore
  • -          Mi scusi, non parlo la lingua X
  • -          Può ripetere più lentamente, per favore?


Le indicazioni stradali
Lo so, sono una bestia nera della comunicazione. Anche nella nostra lingua, le chiediamo e sistematicamente non capiamo dove ci stanno per mandare (speriamo non a quel paese!) e andiamo dalla parte opposta, e poi, dovevamo girare a destra o a sinistra? Ma quanti sono 300 metri, abbiamo camminato già un chilometro!!! Nonostante i navigatori abbiamo nettamente migliorato la nostra vita in questo senso, possono sempre esistere deviazioni, sensi alternati non ancora aggiornati, piante di città difficili, indicazioni poco visibili sommerse in un mare di altri cartelli. Ricordo che nonostante le perfette indicazioni scritte, in Giappone non riuscivo a trovare la mia scuola – a Tokyo, gente, quasi 10.000.000 di persone per uno sproposito di palazzi, capite il livello di difficoltà?! Poi c’ero davanti, ovvio, ma il palazzo era altissimo e i cartelli infiniti, ci avrei impiegato mezza giornata a leggerli tutti! Quindi animo, cerchiamo di imparare le indicazioni base della lingua che ci occorre. Imparate anche a dire “mi sono perso, abito in via XX” così, nel caso doveste perdervi, non vi manderanno girovagando per il vasto mondo.

I nomi dei servizi principali
“Ospedale”, “comune”, “polizia”, “ambasciata”, ”consolato”, “vigili del fuoco”. Perché, non lo sapete che in Germania dovete andare ad iscrivervi alla Casa dei Ratti (Rathaus, "comune", che ovviamente non vuol dire casa dei ratti!)? Figuracce ne abbiamo?

Salute
Stento ad immaginare emergenze più reali di quelle che riguardano la salute; ovviamente nessuno si augura una malattia o un incidente, ma anche se alcune avventure vengono affrontate con un pizzico di incoscienza, sarebbe bene imparare al più presto almeno le seguenti espressioni:
  • -          Ho mal di… testa/pancia/dolori al petto (e simili)
  • -          Ho perso i sensi
  • -          Mi sono tagliato/bruciato
  • -          Sono stato aggredito
  • -          Chiamate un’ambulanza!
  • -          Non riesco a respirare

Mi raccomando, se prendete abitualmente farmaci, informatevi di come si chiama il principio attivo nella lingua di arrivo per poterlo richiedere in caso di bisogno e non rischiare di assumere una medicina per un'altra. Stesso discorso se soffrite di qualche malattia cronica, o di allergie, imparatene il nome per permettere ai sanitari di intervenire senza problemi in caso di necessità.

Altro piccolo consiglio, di tipo non linguistico ma culturale: informatevi prima su che tipo di assistenza sanitaria esista nel paese dove andrete, e valutate se non sia il caso di fare un’assicurazione, l’assistenza medica in alcuni paesi è a pagamento e anche salata.

Emergenze varie
  • -          Sono stato derubato
  • -          Chiami la polizia!
  • -          Ho bisogno di aiuto!
  • -          Ho perso i documenti


Cibo
Dato che mangiare ci serve, ed in moltissimi casi ci piace pure, se ci troviamo in un paese straniero di cui non conosciamo ancora la lingua, ma abbiamo necessità di fare spesa, ecco una piccola lista di frasi che possono esserci utili senza perderci (troppo):
  • -          Quanto costa?
  • -          Posso pagare con la carta?
  • -          Dove si trova il pane/ il latte/ la carne/ il pesce/ il sale/ l’olio ecc.
  • -    Questo prodotto è senza lattosio/ frutta a guscio/glutine ecc.? Sono allergico.


    Portatevi dietro una sportina riutilizzabile e, oltre a dare una mano all’ambiente, nessuno vi chiederà se volete acquistare una busta facendovi stare in cassa come stoccafissi perché non avete capito la domanda.

Ricordare tutte queste cose, in una lingua che non si conosce, vi sembra un’impresa da eroi? Prendetevi un po’ di tempo, ora o più tardi, per leggere il link qui sotto, che parla di tecniche di memorizzazione – a mio avviso, sempre utile anche in altri ambiti:


E ora che avete iniziato, buon proseguimento!


lunedì 17 luglio 2017

Cinque consigli caproni per disinnescare la vergogna di parlare – male – una lingua!

Il post di oggi non vuole offrirvi consigli “classici”, di metodologia di studio, di memorizzazione, o di qualsivoglia approccio alla lingua straniera; va però a scavare in una nicchia del nostro comportamento, che spesso ci attorciglia la lingua e ci secca la gola – metaforicamente parlando, ovvio: la vergogna. Ora, è perfettamente normale sentirsi “lo scemo del villaggio” quando si parla da stranieri una nuova lingua, soprattutto in un contesto in cui tutti gli altri sono madrelingua – al lavoro, a casa dei vicini, al parco con i bambini… La cosa che si dovrebbe evitare, però, è lasciare che questa vergogna ci impedisca di tirare fuori le nostre rudimentali capacità comunicative, limitando la nostra partecipazione a cenni della testa e sorrisi di circostanza, che oltre a farci rischiare una paresi facciale non ci fanno fare, tutto sommato, una miglior figura del parlare – anche male, sì!
Per aiutarvi in questo intento, che alle volte è più difficile del mettersi a tavolino e studiare a memoria declinazioni, paradigmi, liste di vocaboli o quello che volete, ho compilato una lista di consigli caproni, piccola quanto basta per potervela tenere a mente quando vi piglia la sudarella e vorreste scappare lontanissimo, pur di evitare di dire due parole in croce. Non dimenticate che l'esercizio fa il maestro, e che sbagliando si impara, e soprattutto che non ci sono più le mezze stagioni.

1.  La produzione passiva di una lingua viene sempre prima di quella attiva. “Che mi significa?”. Banalmente, significa che prima di essere in grado di “produrre” la lingua, sarete in grado di capire quando gli altri parlano. Fateci caso, magari ascoltate una notizia al telegiornale, o alla radio, e siete perfettamente in grado di ripetere quello che hanno detto nella vostra lingua, ma cascasse il cielo se ci riuscite in quella straniera. Ecco, il meccanismo è questo. Non buttatevi giù quindi, state solo seguendo lo sviluppo naturale dell’acquisizione del linguaggio.

2.   Voi, una lingua che sapete perfettamente, ce l’avete già. Ricordatevi questa cosa quando la confusione che vi regna in testa vi fa sentire l’ultima ruota del carro in mezzo a un caos di suoni sconosciuti. Voi state imparando una SECONDA (o anche terza, quarta ecc.) lingua, ergo avete una conoscenza in più rispetto agli altri, quindi non permettete che la vostra attuale immaturità comunicativa –che migliorerà certamente con il tempo - vi faccia sentire da meno.

3. Lasciate che l’interlocutore possa mettersi nei vostri panni. Non siete soli là fuori, non dimenticatelo mai. Molto spesso, forse più di quanto non si pensi, anche il nostro interlocutore madrelingua potrebbe avere qualcosa da dire sull'apprendimento di un'altra lingua. In Germania ad esempio, è molto diffusa l’abitudine di studiare le lingue straniere anche solo per passione, come hobby, con corsi serali (io insegno italiano in una scuola di questo tipo). Tantissime persone potrebbero perciò capire la difficoltà che fate voi nell’esprimervi correttamente, e anzi condividere con voi le difficoltà che loro stessi hanno avuto – una mia amica ad esempio si rammarica di avere una R troppo tedesca per essere in grado di pronunciare bene lo spagnolo, oppure la mamma di un amichetto della Maxi mi raccontava che quando venivano i suoi parenti dal Canada, lei capiva ma non riusciva a dire una parola e ci restava malissimo!

4. Esercitatevi al telefono. So che la maggior parte delle persone è spaventata dal telefono – e ci credo! Manca la comunicazione non verbale: il contesto, le espressioni facciali, la gestualità… eppure si potrebbe sfruttare questo “anonimato” a nostro vantaggio. Che ne sa chi siete, la persona dall’altra parte dell'apparecchio? Non ci mettete la faccia, in senso stretto, potreste tranquillamente incontrarvi per strada e lui/lei non saprà mai che siete voi che chiamate sbagliando i verbi/le parole/la costruzione della frase… approfittate allora per prendere appuntamenti, chiedere informazioni, farvi recapitare a domicilio, ordinare, prenotare qualsiasi cosa! Se vi sentite insicuri, scrivetevi quello che volete chiedere e leggetelo le prime volte, vedrete che presto non vi servirà più. E se non capite? Chiedete cortesemente di ripetere (lo sapete che una delle primissime cose da imparare nella nuova lingua è chiedere “mi scusi non ho capito, può ripetere per favore?”, vero?).

5.       … e quando tutto il resto non funziona… se tutto questo ancora non vi aiuta, cari miei, vi passo il consiglio dei consigli caproni, quello che da tempo immemore viene tramandato di generazione in generazione in occasioni pregnanti come esami, prove, test. Guardate bene il vostro interlocutore, mettete in moto la vostra immaginazione e provate a pensarlo in queste vesti:                       


Forse, la cosa più sgradevole che potrà capitarvi a questo punto, sarà di scoppiare a ridergli in faccia! Sconsigliato durante i colloqui di lavoro!

Signori, si scherza! – o forse no? 😜


Buona insalata a tutti!