giovedì 8 marzo 2018

8 marzo, una riflessione

Oggi è la giornata internazionale della donna. Non la festa. Vabbè, direte voi, che differenza vuoi che faccia, “giornata”, “festa”… Eh, ma io mi occupo di lingue, e di differenza, ne fa: perché la giornata di oggi nasce per commemorare, e riflettere, e la condizione femminile a livello globale ha ancora notevolissimi margini di miglioramento – come dire, c’è poco da festeggiare.

La mia riflessione sulla giornata della donna si concentra sul campo che più conosco, quello linguistico. La lingua, come sappiamo, non è un sistema indipendente, che l’essere umano prende già pronto ed usa al bisogno, ma una struttura complessa che si genera dalla necessità di comunicazione, ed è un prodotto inscindibile dalla cultura in cui essa nasce, cresce e si modifica. La lingua è figlia delle esperienze, del modo di concepire il mondo, dei messaggi che si vogliono veicolare, conoscere la storia di una lingua vuol dire conoscere la Storia. Sapevate, ad esempio, che nell’antica Roma repubblicana, le donne dell’aristocrazia non avevano un praenomen pubblico (che sarebbe il nostro nome proprio), ma venivano presentate solo con il nome gentilizio, quello della famiglia a cui appartenevano? Gli storici sono discordi nel dire se avessero un nome assolutamente privato, da non poter mai pronunciare in pubblico, o non lo avessero affatto, resta il fatto che nessuna donna di quell’epoca passata alla storia è conosciuta con il suo nome proprio, anche se alle nostre orecchie suona come tale. Abbiamo fatto progressi, da quel lontano 509 a.C.? Qualcuno certo, ma ancora non abbastanza: in Italia si discute ancora, a volte ferocemente, se sia opportuno usare “sindacO” o “sindacA” per designare una prima cittadina (anche qui, quante discussioni, ma “prima cittadina” o “primo cittadino donna”?!), la parola “ingegnerA” sembra una parolaccia – in effetti circa 34.800 ingegnere iscritte all’Albo nel 2017, in uno dei paesi con più alta incidenza in Europa di laureate in ingegneria, non sembrano essere sufficienti a sdoganare una mentalità retrograda e maschilista per cui “l’ingegneria è una cosa da uomini!”. Usiamo l’articolo davanti ai cognomi delle persone solo quando si tratta di donne (pensate un po’ a come chiamavate i vostri professori e le vostre professoresse), chiamiamo “avventuriere” un uomo che va in cerca di fortuna, magari anche con mezzi illeciti ma comunque con sprezzo del pericolo, e con “avventuriera” intendiamo una donna che ha, nel 90% dei casi, una vita equivoca e sessualmente promiscua (e quali altre avventure può avere una donna, a parte quelle sessuali?). “Eh, ma saranno mai questi i problemi?” Sono problemi anche questi, sì, quando non sono solo l’espressione di una consuetudine dura a morire, ma di una mentalità ottusa e cieca di fronte al cambiamento. La lingua, si sa, si modifica più lentamente di quanto non faccia la società in cui viene espressa, ma noi cosa facciamo per permettere che la nostra lingua, e la nostra società, cambino? Io sposo la posizione dell’Accademia della Crusca, che “consiglia vivamente di aggiornarsi”. Al più presto, vogliamo che questa “giornata” si tramuti davvero in una “festa”.

Vi lascio il link della pagina del sito dell’ONU dedicato alla giornata della donna, in cui è possibile anche ascoltare l’accorato messaggio del segretario delle Nazioni Unite, António Guterres: 


Buona giornata della donna a tutti, donne e uomini - chè le distinzioni non ci servono!

giovedì 1 marzo 2018

GIOCHIAMO AD IMPARARE? 5 GIOCHI PER APPRENDERE UNA LINGUA SENZA RENDERSENE CONTO!


Cari amici di Insalata di lingue, a quanti gradi sotto lo zero siete stati ibernati in questi giorni? Non per vantarmi, ma qui la minima di – 17 ° C si è fatta sentire tutta! Se mi state leggendo da posti più caldi…vabbè, limitiamoci a un “beati voi!”

Insomma, freddo fuori, ghiaccio tutto intorno, sembra di stare ad Arendelle, noia dentro… che si fa? Ma si gioca, ad uno di questi cinque fantastici giochi con cui possiamo esercitare la lingua, noi ed i nostri bambini, senza nemmeno accorgercene! Come, non avete bambini? Offritevi di fare da baby sitter ai figli dei vicini, vi pagano pure mentre vi esercitate, non è geniale?

      1.  MEMORY

    Come si fa ad imparare una lingua con il Memory? Giocando nella maniera più classica, ma nominando ad alta voce il nome di quello che vediamo sulle carte nella lingua che vogliamo esercitare (esempio: vogliamo esercitare l’inglese, giro una carta, trovo una porta e dico “I found a door”). La variante bilingue prevede di dire il nome dell’oggetto in entrambe le lingue quando si trova la coppia. Siccome sono molto buona e brava, vi offro anche un paio di idee per variare i giochi sempre con lo stesso materiale:
-     Variante 1: Indovinelli: si pesca una carta a caso e, nella lingua di arrivo, si danno indizi all’altro giocatore fino a che non si indovina.
-        Variante 2: Sinonimi, contrari&co: si pesca una carta a caso e, nella lingua di arrivo, si dice cosa si ha in mano, l’altro giocatore deve dire o il contrario di quella parola, o un suo sinonimo, o un qualcosa di affine (come casa – tetto), a seconda di cosa abbiamo deciso all’inizi

         

2.    IL PAROLIERE

      Ve lo ricordate il paroliere? Per anni per noi è stato un intrattenimento da automobile durante i viaggi lunghi. Per chi non ne avesse memoria, allego foto di repertorio! Il paroliere si può usare nella sua maniera classica, ovvero cercare di trovare più parole possibili nella lingua scelta usando le lettere sulle facce dei dadi o, anche a seconda dell’età dei giocatori, una parola che inizi con ognuna delle lettere, oppure ognuno sceglie una lettera e forma una parola, oppure – ancora più difficile! – si forma un’intera frase le cui parole inizino ognuna con una delle lettere! A voi la scelta!

3.      PAROLE IN RIMA

     Nessun bisogno di spiegazioni, per un passatempo che non richiede nemmeno materiali, ma solo un po’ di ragionamento: potete trovare a turno appunto parole che rimino, ma anche costruire una storia in rima con una frase per uno, oppure anche lanciarvi in rime sceme inventando parole, ma che suonino come parole verosimili nella lingua di arrivo. In fondo si gioca, no?

4.      INDOVINA CHI?

      Anche questo gioco, che esisterà sicuramente in moltissimi paesi, è utilissimo per allenare la lingua tramite le domande e gli indizi; si focalizza sulla descrizione fisica, ed è anche molto divertente!

5.      IL GIOCO DEL SI E DEL NO

      Va bene, lo ammetto, ho preso ispirazione da Peppa Pig – abbiamo avuto, con la Maxi, un periodo di immersione totale di Peppa Pig, al punto che io la notte sognavo di farne prosciutti! Ringrazio quindi Peppa e la salvo dal salumiere, esportando il suo simpatico e semplicissimo giochino in cui un giocatore fa delle domande, e l’altro deve rispondere in qualunque modo, non usando mai “sì” o “no”. Meno facile di quanto sembri, risate assicurate – e preparatevi a perdere con i bambini!

Di giochi da fare ce ne sono ovviamente un’infinità, ma ho scelto questi perché si concentrano su funzioni piuttosto circoscritte della lingua, limitando quindi molto la frustrazione del “ma io non lo soooooooo!”, e l’immediata trasformazione da gioco a tortura medievale. In ogni caso, poiché sempre di giochi si tratta, vi consiglio anzitutto relax e morbidezza, non abbiate timore ad interrompere il gioco se vedete che crea più nervosismo che spasso, e a riproporlo più in là; quello che apporta maggior successo, nell’apprendimento, è legarlo ad esperienze piacevoli.

Buon divertimento!